venerdì 23 febbraio 2007

Scrivere il Curriculum Vitae

In un momento di stallo per questo blog, arriva un po' d'aria fresca. Sandra Burchi è un filosofa e si occupa tra l'altro, di lavoro e donne. Un suo intervento è presenzte nella sezione audio.
W.C.

Cos'è necessario?

E' necessario scrivere una domanda,

e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto

Il curriculum dovrebbe essere breve.

E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti.

Cambiare paesaggi in indirizzi

E ricordi incerti in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,

e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.

I viaggi solo se all'estero.

L'appartenenza a un che, ma senza un perché.

Onoreficenze senza motivazione.


Scrivi se non parlassi mai con te stesso

E ti evitassi.

Sorvola su cani gatti e uccelli,

cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore

E il titolo che il contenuto.

Meglio il numero della scarpa,

che non dove va

colui per cui ti scambiano.

Aggiungi una foto con l'orecchio scoperto

E' la sua forma che conta, non ciò che sente.

Cosa si sente?

Il fragore delle macchine che triturano la carta.

Wislawa Szymborska

Questo è il mio contributo al vostro sito-blog-podcast...

E' una bella poesia, gira molto in rete..

Mi pareva vi mancasse...

Io, quando posso, all'ennesima richiesta di curriculum, all'ennesimo committente, quando i rapporti lo permettono, la invio in allegato...

E' il mio piccolo contributo alla lotta... polemico e poetico...

Mi piacerebbe collaborare con voi, ma vorrei scrivere pensieri sparsi..

Si può?

saluti

Sandra Burchi

lunedì 19 febbraio 2007

CALL SUBURBIA

E' tornato Antonio, quello giovane che sgobba a Milano. Dove capita che ci si trovi, con un manipolo di disperati, a disputarsi un lettore MP3 come premio per essere stati i migliori impiegati del mese. Dove? Leggetelo qui sotto.
W.C.

"Sono Sonia e la sto chiamando dal centro ricerche World
Wide, stiamo assegnando a 40 famiglie delle sua città un
corso di inglese totalmente gratuito della durata di 5 mesi,
naturalmente un solo membro della sua famiglia potrà
usufruirne..."
così inizia il turno lavorativo di Sonia al call center di
via Maffucci, periferia est di Milano.
Anch'io lavoro li. Per la "motivation" mi raccomandano di
arrivare 10 minuti prima dell'inizio del turno lavorativo
serale (dalle 17 alle 21).
E' il momento in cui si comunicano i risultati ottenuti dal
gruppo, i più bravi possono partecipare ad una lotteria
che ha in palio per questo mese
un lettore mp3. E' il lavoro che ho trovato subito dopo aver
fatto un mese di volantinaggio. A dire il vero mi hanno
chiamato a loro, io avevo comprato il giornale con gli
annunci lavorativi, e lo stavo consutando quando squilla il
telefono di casa e una donna dall'accento straniero mi ha
illustrato la possibilità di guadagnare facendo delle
semplici telefonate, "io non pensavo di guadagnare così
tanto quando ho iniziato", e così mi convinse a provare.
Al colloquio che ho affrontato il giorno dopo, mi è stato
presentato un foglio con delle domande da compilare.
Per prima cosa l'età poi la disponibilità specificando
gli orari, la possibilità di lavorare di sabato, e infine
un giudizio sulle proprie capacità lavorative.
Facilissimo farsi assumere. Dopo il foglio seguiva un
colloquio che ho affrontato con altre due persone. Un uomo
sui 50 anni, appena stato licenziato che ostentava la sua
dignità dicendo "potevo lavorare altri due anni, ma ho
preferito fermarmi", e allora che cazzo ci sei venuto a fare
qua? (ho pensato), e così deve aver pensato anche la
responsabile perchè quell'uomo non si è mai visto a
lavoro, e poi c'era anche sonia che sul foglio non aveva
scritto l'età, ma è stata presa lo stesso.
Il secondo passo consiste in un corso in cui ci illustrano
il "prodotto", e ci insegnano a parlare con le persone che
rispondono al telefono.
Una presentazione powerpoint, dei fogli stampati con le
frasi di approccio e perfino come ribattere alle risposte
negative.
Non si può uscire dall'edificio durante il turno di
lavoro, per i fumatori c'è un bagno minuscolo con una
finestra che guarda sui tetti dei palazzi adiacenti al
nostro, e c'è un cartello sul muro con su scritto "pulire
la cenere dal lavandino". Le macchinette del caffè e
quelle con la roba da mangiare
si accendono solo per i dieci minuti di pausa di ogno turno,
bisogna affrettarsi per evitare di finire in fondo alla
fila.
La signora che mi ha chiamato mi riconosce dalla voce,
avrà quasi 50 anni, è una bella donna. Mi dice che i
guadagni crescono col tempo, si comincia a guadagnare bene
dal secondo mese in poi. Sonia ha 36 anni e due figli da
mantenere da sola, vive con loro e con la madre.
Nei dieci minuti di pausa mentre è in bagno a fumare li
chiama col cellulare perchè quando arriva a casa loro sono
già a letto.
Un signora con i capelli biondi viene lo stesso nel bagno
anche se non fuma più " ne fumavo 80 al giorno, fino alle
11 non riuscivo a parlare".
Ha un marito che la aspetta a casa e si lamenta perchè
finisce troppo tardi di lavorare.
Gli altri mi parlano di milano, negli anni 70 quando l'acqua
non era potabile e i milanesi hanno pagato una tassa per
ottenerla per sempre.
PER I FUMATORI : PULIRE LA CENERE DAL LAVANDINO (con quella
stessa acqua), mi parlano dei costi delle case che aumentano
sempre di più.
Poi c'è Giovanna che è la capoufficio. Deve controllare
che la gente lavori, e deve consigliare i novellini. Indossa
delle scarpe coi tacchi per cui si sente arrivare quando
passa tra le file di computer dove siamo noi con le nostre
cuffie e i nostri indirizzi che scorrono sullo schermo.
Possiamo chimare a napoli o a genova, gli ultimi molto meno
loquaci dei napoletani. Davanti al call center c'è una
chiesa con un campo di calcio a 7.
i tunisini si ritrovano il pomeriggio e giocano per ore con
tanto di arbitro e proteste connesse. Mi fermo a fumare una
sigaretta prima di entrare e li guardo, mentre il campionato
italiano è fermo per i tafferugli di catania.
Due giorni dopo mi arriva un altra telefonata, un agenzia
pubblicitaria a cui avevo mandato il curriculum mi invita ad
un colloquio.
Da una settimana lavoro li dalle 9 alle 6 di sera, addio
part time, e benvenuta la possibilità di guadagnare
facendo quello che so fare veramente,
con tutti i limiti imposti dal lavoro stesso. Da una
settimana non vedo più i miei compagni di call center.
Quella che per me è stata una parentesi interessante per
loro è la necessità per portare a casa dei soldi. Addio
periferia, spacciatori e prostitute che incrociavo sulla
strada che mi portava alla metro la sera quando finivo di
lavorare, addio alle loro vite autentiche e agli aspetti del
lavoro che rendono le persone sincere.
benvenuta stabilità.


Antonio

Il fascino perverso di una settimana lavorativa di 70 ore


Oggi i professionisti di maggiore successo lavorano più a lungo, si assumono più responsabilità e guadagnano maggiormente rispetto ai workalcholic dei tempi passati. Essi hanno quelle che Helwett e Luce chiamano «occupazioni estreme», che implicano settimane lavorative di 60 o più ore e che hanno cinque o dieci caratteristiche – come le deadline stringenti e i frequenti viaggi di lavoro – raccolte dagli autori della ricerca all’interno di un modello di lavoro.
Il progetto, frutto di un’iniziativa privata, denominato Hidden Brain Task Force, consiste in due indagini principali: una riguardante gli individui altamente remunerati negli Stati Uniti all’interno di un campione di numerose professioni, l’altra riguardante i manager delle grandi aziende multinazionali. In questa ricerca sono stati analizzati, tramite focus-gorup e interviste riguardanti le motivazioni professionali, gli scopi e le caratteristiche delle «occupazioni estreme». In questo articolo Hewlett e Luce considerano i loro dati in relazione alla crescente pressione competitiva, al grande miglioramento della tecnologia della comunicazione, ai cambiamenti culturali e agli altri profondi mutamenti che hanno aumentato il peso delle occupazioni ad alto rendimento. Il quadro che emerge è un’immagine complessa di carriere logoranti, sotto molti aspetti remunerative ma con dei pericoli per i singoli e per la società.In generale chi ha un’occupazione «estrema» non sente di essere sfruttato, anzi prova un sentimento di esaltazione. La maggioranza di essi negli Stati Uniti, il 66%, dice di amare il proprio lavoro, percentuale che sale al 76% nelle società globali. Tuttavia, la ricerca di questi autori evidenzia l’esistenza di uno svantaggio per le donne. Anche se esse non evitano la pressione e la responsabilità delle occupazioni estreme, tendono comunque a non raggiungere il numero di ore di lavoro dei loro colleghi maschi. Questo fenomeno costituisce una barriera per le donne ambiziose, ma significa anche una grande opportunità per chi assume personale: è possibile infatti trovare un modo migliore di impiegare il talento delle donne che intendono impegnarsi in lavori difficoltosi e ad elevate responsabilità, ma che non possono sostenere giornate lavorative eccessivamente lunghe
perchè scegliere un'occupazione estrema?

giovedì 8 febbraio 2007

Fase 3! La Milonga in un portone

Si è parlato talmente tanto di questa fase due, amica, che ci siamo frantumati gli zebedei e passiamo direttamente alla tre.
Alcuni Memo per i distratti.
Questo qui è un audioblog che sperimenta forme di comunicazione e si occupa di radio e lavoro ( possibilmente delle due cose insieme): vedi Post Web Radio di F.C.
Superati gli esami della Class rimarrà forse una percentuale che va dal 5 al 10 per cento, secondo calcoli attendibili basati sulla congiuntura della Luna con Saturno.
Questo nucleo di persone diventerà una redazione unica, anche se non retribuita, per ora. ahahaha!
Se finora ogni gruppo ha fatto il suo servizietto didascalico, con la Fase 3 ( marchio registrato) si potranno utilizzare le competenze acquisite per creare servizi più snelli e rutilanti da associare a parti scritte, servizi anche più legati all'attualità stringente e cuciti in una trasmissione chiamata Working Class.
In pratica ci saranno dei post collegati direttamente a dei Podcast in aggiunta alla pagina dei download che c'è ora.

Le persone di questa redazione si stanno impegnando già oggi per dare vita ad una web radio di ateneo, partecipando o meno al bando di radio24, ma questo è un'altro discorso.
L'importante è sottolineare la coerenza del nostro progetto, ancora una volta, perchè alcuni di noi sono duri come diamanti. e vale a dire: working Class 1 ( competenze base), working class 2 (Pro), Web Radio di Ateneo ( Utilizzare queste competenze al servizio di un progetto comunicativo diverso come presupposti e come prassi).
In altre parole è ovvio che una radio di ateneo avrà un rapporto più tranquillo con il mondo perchè verrebbe meno il presupposto di QUESTA esperienza: essere privi di tutto. Partecipiamo anche emotivamente a quello che scriviamo ma non scordiamo mai che questa è un'esperimento come un'altro che prevede aggressività, protervia, provocazione, onestà intellettuale, vero pluralismo.

E' OVVIO che in un contesto ISTITUZIONALIZZATO potremmo rinunciare ad alcune di queste prerogative tranne che a due. Indovinate quali? e già che ci siete, VOLETE SCRIVERE CHE DIAVOLO DI RADIO VI PIACE? Ascoltare e fare.
Working Class

Service

Continua la diatriba con il signor Antonio che ci ha mandato un'altra lettera indirizzata al Prof abusivo Aldo Acerbi.
Può accadere che si voglia dare particolare rilievo ad una risposta e si apra un'altro post ma di norma ( capito bloggers?) se l'argomento è lo stesso si continua tra i commmenti dello stesso Post.
Al Signor Antonio diciamo che troverà la sua mail e la risposta di Aldo Acerbi di seguito all'interno del post contrassegnato dall'omino con la pipa( ma chi sarà mai?). Questa è la stessa ragione che Ci spinge a spostare il Post di Rachel N. sotto quello di France.C. che aveva anticipato i suoi temi di una decina di giorni senza ricevere commento alcuno da una class tutta presa da sciocchi esami.
Naturalmente Working Class e Aldo Acerbi sono due cose molto distinte, ma non come Clark Kent e Nembo Kid ( apprezzi questo arcaismo, signor Antonio), bensì come il folle invasato e una sparuta pattuglia di pirati, con i suoi vili, i suoi prodi, e il suo capitano. Arrembaggio!

mercoledì 7 febbraio 2007

Baroni rampanti. Professori ereditari e intrecci tra gli atenei. L'inchiesta sulla 'mafia negli atenei' prosegue in Sicilia.

Dicono che all'ombra dell'Etna i titoli accademici della facoltà di Medicina si tramandino come se fossero caratteri ereditari, un po' come il colore degli occhi o la curvatura del naso. Di padre in figlio, ma anche assecondando le ambizioni di mogli, nipoti e cugini. E a sfogliare l'elenco dei docenti si trovano una cinquantina di ricorrenze tra cognomi uguali, di cui almeno 20 con un grado di parentela diretta. Già, perché la 'mafia dei baroni' denunciata dall'inchiesta de 'L'espresso' due settimane fa, non si ferma a Bari, ma ha trovato terreno fertile nella Sicilia delle consorterie. Non ci sono indagini penali che rivelino accordi clandestini: tutto è alla luce del sole. Con un network trasversale che sembra unire tre grandi atenei: Palermo, Messina e Catania. Proprio in quest'ultima sede il gotha delle casate accademiche è consolidato. Aurelio Di Benedetto è primario di Chirurgia pediatrica al Policlinico. A ottobre 2006 il figlio Vincenzo, che prima lavorava come associato nella stessa clinica del padre, è diventato primario al Vittorio Emanuele di Catania. La dinastia dei Di Benedetto conta su altri due rampolli attivi nell'alveo di medicina: Giovanni e Fabrizio. Più articolato il ramo dei Nicoletti. Il microbiologo Giuseppe è fratello di Francesco, già ordinario di Clinica neurologica. Giuseppe è il padre di Ferdinando Nicoletti, associato di Patologia generale. Giovanni Nicoletti, figlio più piccolo di Francesco, è primario di Neurochirurgia. Anche la famiglia Veroux resiste al tempo e alle generazioni. Il capostipite è Gastone Veroux, ordinario di Chirurgia al Policlinico e vicepresidente nazionale delle scuole di specializzazione. Dei tre figli di Veroux, due hanno seguito le orme paterne e Pierfrancesco è associato allo stesso reparto. Tutti gli incarichi menzionati sono perfettamente legittimi. Tanto che lo stesso codice di parentele vige anche a Palermo. Spiega Renato Costa, responsabile regionale di Cgil sanità: "Qui la vicenda è persino più complessa, perché sembra proprio che le relazioni non solo restino all'interno, ma comunichino in modo trasversale con gli altri atenei siciliani". Come nel caso del figlio del professore Maurizio Romano che ha trovato posto a Catania. Percorso inverso per Antonio Rodolico, fratello di un ex rettore di Catania. Matteo Florena, invece, che ai tempi della prima Repubblica era persino diventato segretario amministrativo della Dc regionale, ha una figlia che lavora nel suo stesso distretto. E l'elenco potrebbe continuare. Ma quel che di peculiare c'è nella vicenda baronale palermitana è la maggiore aggressività. Lo ricorda Fulvio Pedone, neurologo al Policlinico: "C'era un posto da ricercatore. La moglie di un primario palermitano, docente anch'essa a Medicina, venne a perorare la causa della figlia. Avvertendoci che se non avessimo provveduto ad avviare la ragazza, le ritorsioni contro di noi sarebbero giunte sia da lei che dall'illustre marito". Non è diversa la mappa di Messina, celebre scuola medica e giuridica, dove le due anime accademiche erano entrate in contrasto in seguito al crimine più grave mai accaduto in una facoltà: l'omicidio del gastroenterologo Matteo Bottari, genero dell'allora rettore Guglielmo Stagno d'Alcontres, tutt'ora insoluto dopo nove anni di indagine. Adesso nell'ateneo regna la pace. Non è chiaro quale sia il segreto del successo del magnifico Franco Tomasello, rettore dal 2004 che si ripresenterà alle elezioni il prossimo mese senza avversari. Certo è che il professor di Neurochirurgia in questi tre anni ha saputo ricucire tutti quegli strappi. Sicuramente a non far saltare gli equilibri interni ha contribuito il gran numero di parenti assunti dall'università per tenere buoni medici, economisti, giuristi e veterinari. Per carità, saranno solo fortunate coincidenze che molti dei professori ordinari, associati, ricercatori e assistenti abbiano legami di parentela fin troppo stretti. Nella casata del rettore, per esempio, si registra la moglie come dipendente amministrativa e il figlio Dario con un incarico da associato nel dipartimento di Studi sulla Civiltà Moderna. Toh, in quel dipartimento è ricercatore anche Marco Centorrino, figlio del prorettore Mario, ordinario di Economia. Ovviamente anche nel passato i vertici dell'Ateneo pensavano a casa e famiglia. L'ex rettore Gaetano Silvestri (area diessina), oggi alla Corte Costituzionale, aveva alle sue dipendenze come ordinario di Scienze giuridiche la moglie Marcella Fortino, che è anche cognata del pro rettore Mario Centorrino. Dunque nessuno si sorprenda se a cascata quasi tutte le facoltà di Messina sono infarcite di nuclei familiari, tradizionali o a volte 'allargati' alle relazioni non ufficiali. Tra i casi più eclatanti quelli della famiglia Venza-Teti che tra Odontostomatologia, Patologia, Microbiologia e Specialità chirurgiche mette in campo cinque componenti. Particolarissimo il caso di Veterinaria dove su dieci poltrone quattro sono occupate dai Passantino e dai Pugliese.
Resta solo un dubbio: ma è possibile che soltanto i figli e i parenti di baroni in camice bianco abbiano le qualità necessarie per sbaragliare le selezioni? Risponde Salvatore Cicero, che guida l'unita di Neurochirurgia traumatica all'ospedale Garibaldi di Catania ed è anche il responsabile provinciale di Cgil sanità: "Non so se sia corretto parlare di nepotismo perché quel che succede qui non è diverso dal resto d'Italia. Forse è veramente un fattore genetico a consentire ai figli di illustri primari di primeggiare nelle stesse discipline. E quel che accade in ambito universitario non è poi così diverso dal resto del mondo ospedaliero, dove un sistema di nomine manageriali comporta la creazione di gruppi di potere. Insomma, per arrivare in cima bisogna appartenere a qualche cordata". Il vero nocciolo del problema, per Cicero, è la selezione nelle scuole di specializzazione: "Fino a qualche anno fa era buona usanza che nessuno si presentasse alle selezioni di una scuola del padre o del parente. Di solito i pargoli venivano dirottati presso altre sedi per affrontare la selezione. Ora anche quest'ultima remora sembra venuta meno. Con la specializzazione obbligatoria per legge, proprio l'accesso alle scuole diventa un fattore discriminante". "Lo escludo categoricamente", replica con tono perentorio Gastone Veroux: "I test arrivano dal ministero e la discrezionalità della commissione è praticamente nulla. L'unico elaborato che può essere soggetto a valutazione è il tema scritto. Ma ha un peso specifico minimo rispetto al punteggio complessivo". Un punteggio minimo che però, riconosce lo stesso Veroux, spesso è determinante. Per il primario catanese, infine, l'ipotesi di nepotismo all'interno dell'ateneo è pura leggenda. "È normale che i figli seguano le orme del padre. Di solito non hanno alcun privilegio, anzi il cognome rischia di diventare un peso. L'unico vantaggio è vivere in un ambiente familiare dove si parla di medicina".